5 resultados para HIV infections Treatment

em AMS Tesi di Dottorato - Alm@DL - Università di Bologna


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This PhD thesis discusses the rationale for design and use of synthetic oligosaccharides for the development of glycoconjugate vaccines and the role of physicochemical methods in the characterization of these vaccines. The study concerns two infectious diseases that represent a serious problem for the national healthcare programs: human immunodeficiency virus (HIV) and Group A Streptococcus (GAS) infections. Both pathogens possess distinctive carbohydrate structures that have been described as suitable targets for the vaccine design. The Group A Streptococcus cell membrane polysaccharide (GAS-PS) is an attractive vaccine antigen candidate based on its conserved, constant expression pattern and the ability to confer immunoprotection in a relevant mouse model. Analysis of the immunogenic response within at-risk populations suggests an inverse correlation between high anti-GAS-PS antibody titres and GAS infection cases. Recent studies show that a chemically synthesized core polysaccharide-based antigen may represent an antigenic structural determinant of the large polysaccharide. Based on GAS-PS structural analysis, the study evaluates the potential to exploit a synthetic design approach to GAS vaccine development and compares the efficiency of synthetic antigens with the long isolated GAS polysaccharide. Synthetic GAS-PS structural analogues were specifically designed and generated to explore the impact of antigen length and terminal residue composition. For the HIV-1 glycoantigens, the dense glycan shield on the surface of the envelope protein gp120 was chosen as a target. This shield masks conserved protein epitopes and facilitates virus spread via binding to glycan receptors on susceptible host cells. The broadly neutralizing monoclonal antibody 2G12 binds a cluster of high-mannose oligosaccharides on the gp120 subunit of HIV-1 Env protein. This oligomannose epitope has been a subject to the synthetic vaccine development. The cluster nature of the 2G12 epitope suggested that multivalent antigen presentation was important to develop a carbohydrate based vaccine candidate. I describe the development of neoglycoconjugates displaying clustered HIV-1 related oligomannose carbohydrates and their immunogenic properties.

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Background and rationale for the study. This study investigated whether human immunodeficiency virus (HIV) infection adversely affects the prognosis of patients diagnosed with hepatocellular carcinoma (HCC).Thirty-four HIV-positive patients with chronic liver disease, consecutively diagnosed with HCC from 1998 to 2007 were one-to-one matched with 34 HIV negative controls for: sex, liver function (Child-Turcotte-Pugh class [CTP]), cancer stage (BCLC model) and, whenever possible, age, etiology of liver disease and modality of cancer diagnosis. Survival in the two groups and independent prognostic predictors were assessed. Results. Among HIV patients 88% were receiving HAART. HIV-RNA was undetectable in 65% of cases; median lymphocyte CD4+ count was 368.5/mmc. Etiology of liver disease was mostly related to HCV infection. CTP class was: A in 38%, B in 41%, C in 21% of cases. BCLC cancer stage was: early in 50%, intermediate in 23.5%, advanced in 5.9%, end-stage in 20.6% of cases. HCC treatments and death causes did not differ between the two groups. Median survival did not differ, being 16 months (95% CI: 6-26) in HIV positive and 23 months (95% CI: 5-41) in HIV negative patients (P=0.391). BCLC cancer stage and HCC treatment proved to be independent predictors of survival both in the whole population and in HIV patients. Conclusions. Survival of HIV infected patients receiving antiretroviral therapy and diagnosed with HCC is similar to that of HIV negative patients bearing this tumor. Prognosis is determined by the cancer bulk and its treatment.

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L’obiettivo della tesi è studiare il virus HIV-1 in relazione alle alterazioni sistemiche, riscontrate nel paziente HIV-infetto, in particolare alterazioni a carico del sistema scheletrico, indotte dal virus o dall’azione dei farmaci utilizzati nella terapia antiretrovirale (HAART). L’incidenza dell’osteoporosi nei pazienti HIV-positivi è drammaticamente elevata rispetto alla popolazione sana. Studi clinici hanno evidenziato come alcuni farmaci, ad esempio inibitori della proteasi virale, portino alla compromissione dell’omeostasi ossea, con aumento del rischio fratturativo. Il nostro studio prevede un follow-up di 12 mesi dall’inizio della HAART in una coorte di pazienti naïve, monitorando diversi markers ossei. I risultati ottenuti mostrano un incremento dei markers metabolici del turnover osseo, confermando l’impatto della HAART sull’omeostasi ossea. Successivamente abbiamo focalizzato la nostra attenzione sugli osteoblasti, il citotipo che regola la sintesi di nuova matrice ossea. Gli esperimenti condotti sulla linea HOBIT mettono in evidenza come il trattamento, in particolare con inibitori della proteasi, porti ad apoptosi nel caso in cui vi sia una concentrazione di farmaco maggiore di quella fisiologica. Tuttavia, anche concentrazioni fisiologiche di farmaci possono regolare negativamente alcuni marker ossei, come ALP e osteocalcina. Infine esiste la problematica dell’eradicazione di HIV-1 dai reservoirs virali. La HAART riesce a controllare i livelli viremici, ciononostante diversi studi propongono alcuni citotipi come potenziali reservoir di infezione, vanificando l’effetto della terapia. Abbiamo, perciò, sviluppato un nuovo approccio molecolare all’eradicazione: sfruttare l’enzima virale integrasi per riconoscere in modo selettivo le sequenze LTR virali per colpire il virus integrato. Fondendo integrasi e l’endonucleasi FokI, abbiamo generato diversi cloni. Questi sono stati transfettati stabilmente in cellule Jurkat, suscettibili all’infezione. Una volta infettate, abbiamo ottenuto una significativa riduzione dei markers di infezione. Successivamente la transfezione nella linea linfoblastica 8E5/LAV, che porta integrata nel genoma una copia di HIV, ha dato risultati molto incoraggianti, come la forte riduzione del DNA virale integrato.

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Oltre alla progressiva perdita dei linfociti T CD4, i pazienti HIV-infetti presentano diverse citopenie periferiche. In particolare l’anemia si riscontra nel 10% dei pazienti asintomatici e nel 92% di quelli con AIDS e la terapia cART non è in grado di risolvere tale problematica. I meccanismi patogenetici alla base di questa citopenia si ritiene che possano riguardare la deregolazione citochinica, il danno alle HPCs, alle cellule in differenziamento e alle cellule stromali. Le cellule progenitrici ematopoietiche CD34+, dopo essere state separate da sangue cordonale e differenziate verso la linea eritroide, sono state trattate con HIV-1 attivo, inattivato al calore e gp120. In prima istanza è stata messa in luce la mancata suscettibilità all’infezione e l’aumento dell’ apoptosi dovuto al legame gp120-CD4/CXCR4 e mediato dal TGF-β1 nelle cellule progenitrici indifferenziate. L’aspetto innovativo di questo studio però si evidenzia esaminando l’effetto di gp120 durante il differenziamento verso la filiera eritrocitaria. Sono stati utilizzati due protocolli sperimentali: nel primo le cellule sono inizialmente trattate per 24 ore con gp120 (o con HIV-1 inattivato al calore) e poi indotte in differenziamento, nel secondo vengono prima differenziate e poi trattate con gp120. Il “priming” negativo determina una apoptosi gp120-indotta molto marcata già dopo 48 ore dal trattamento ed una riduzione del differenziamento. Se tali cellule vengono invece prima differenziate per 24 ore e poi trattate con gp120, nei primi 5 giorni dal trattamento, è presente un aumento di proliferazione e differenziamento, a cui segue un brusco arresto che culmina con una apoptosi molto marcata (anch’essa dipendente dal legame gp120-CD4 e CXCR4 e TGF-β1 dipendente) e con una drastica riduzione del differenziamento. L’insieme dei risultati ha permesso di definire in modo consistente la complessità della genesi dell’anemia in questi pazienti e di poter suggerire nuovi target terapeutici in questi soggetti, già sottoposti a cART.

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La Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS o SIDA) causata da HIV-1 (Virus dell'Immunodeficienza umana) è caratterizzata dalla graduale compromissione del sistema immunitario del soggetto colpito. Le attuali terapie farmacologiche, purtroppo, non riescono a eliminare l'infezione a causa della comparsa di continui ceppi resistenti ai farmaci, e inoltre questi trattamenti non sono in grado di eliminare i reservoir virali latenti e permettere l'eradicazione definitiva del virus dall’organismo. E' in questo ambito che si colloca il progetto a cui ho lavorato principalmente in questi anni, cioè la creazione di una strategia per eradicare il provirus di HIV integrato nel genoma della cellula ospite. L'Integrasi di HIV-1 è un enzima che media l'integrazione del cDNA virale nel genoma della cellula ospite. La nostra idea è stata, quindi, quella di associare all'attività di legame dell'IN stessa, un'attività catalitica. A tal fine abbiamo creato una proteina chimerica costituita da un dominio DNA-binding, dato dall'Integrasi, e da un dominio con attività nucleasica fornito dall'enzima FokI. La chimera ottenuta è stata sottoposta a mutagenesi random mediante UV, ed è stata oggetto di selezione in vivo, al fine di ottenere una chimera capace di riconoscere, specificamente le LTR di HIV-1, e idrolizzare i siti di inserzione. Questo lavoro porterà a definire pertanto se l'IN di HIV può essere riprogrammata a catalizzare una nuova funzione mediante la sostituzione dell'attività del proprio dominio catalitico con quello di FokI.